lunedì 27 febbraio 2012

cronache dal Portofranco - cioccolato e leggings

sto per uscire dalla stanza quando una delle tre porte dei bagni si apre piano.

io in quei bagni ci entro sempre un po' goduta. frequentati da centinaia di ragazzini in età da ormoni impazziti, sono profumati, i pavimenti chiari sono sempre lindi, la carta igienica sempre al suo posto, mai sparpagliata in coriandoli in giro. io in quei bagni ci entro almeno due volte ogni pomeriggio. quando arrivo, trafelata dal freddo e prima di andarmene, prima della pedalata fino a casa. e ogni volta mi stupisco. ma stavolta, un po' di più.

la porta si apre e spunta una timida selva di neri lunghi ricci riccissimi africani. in mezzo, una faccina color cioccolato in questi capelli con la riga in mezzo che sembrano aprirsi come due ali di airone. mi cerca con lo sguardo e mi trova, mano sulla porta per uscire. mi guarda timida. mi fermo sui miei passi e le chiedo
"hai bisogno di qualcosa?"
"sì prof..." la porta si apre del tutto e ne esce questa farfalletta magra, un corpo da ballerina, una bamboletta lunga lunga e smilza, due braccine sottili e un collo da nera che solo certe africane ce l'hanno così bello. la bimba donna farfalla ha addosso un paio di leggings neri, e sotto un paio di ciclista. lo so, perché esce dal bagno mi si para davanti si cala i leggings fino al ginocchio scopre i ciclista mi guarda e mi chiede:

"prof....se li tengo su, si vedono i ciclista sotto?"
"mettiti alla luce....no, non si vedono. stai tranquilla"

conversazione come iniziata anni prima, mai interrotta, come se incrociandoci per l'ennesima volta davanti al bagno di casa nostra mi chiedesse la solita cosa prima di uscire. lei la ragazzina color cioccolato e io, in quel piccolo, infinitesimamente minuscolo attimo, mamma, sorella, amica.

un attimo e la porta si chiude. lei sparisce dietro ai suoi riccioli io esco nel corridoio di facce bianche nere gialle alte grasse magre. si torna al lavoro. si torna a studiare.
sorrido e non so neanche io di farlo.


mercoledì 22 febbraio 2012

cronache dal Portofranco - una questione di fiducia

non sorrideva. restava lì serio serio con lo sguardo sfuggente gli occhi piantati sul libro come se il libro contenesse tutte le risposte del mondo. aiutarlo a studiare non sarà facile è impermeabile come una parete di ghiaccio scivoli non hai appigli per aggrapparti per appoggiare un dito per piantare un chiodo un rampone e cercare di salire al primo piano della fortezza della sua fiducia. cerco di sentirmi a mio agio perché il suo di disagio è fin troppo evidente. respiro. calma. la voce. il tono. i muscoli. la mano la sua allenta la morsa scivola sul banco le dita si distendono. esercizi verbi verbi irregolari passato perfetto regole regole regole. incerto. non sorride. incerto. risponde. incerto. sbaglia. incerto. la risposta giusta. il ritmo della sua fatica aumenta di poco. ne approfitto per piazzargli lì un perfetto. come se la sua risposta non potesse che essere perfetta. fiducia.
l'ora è finita, là fuori c'è una ragazza color cioccolato che aspetta di entrare. va. ok prof. ciao. 
 
PS quel ragazzino ha chiesto di continuare il suo doposcuola con me. mi aprirà anche al suo sorriso?

 
 
«Sorrise come soltanto i veri timidi sanno sorridere. Non era la risata facile dell’ottimista né il rapido sorriso tagliente dei testardi ostinati e dei malvagi. Non aveva niente a che fare col sorriso equilibrato, usato di proposito, del cortigiano o del politicante. Era il sorriso strano, inconsueto, che sorge dall’abisso profondo, buio, più profondo di un pozzo, profondo come una miniera profonda, che è dentro di loro».

Ernest Hemingway - Di là dal fiume e tra gli alberi

mercoledì 15 febbraio 2012

saper vedere


 
qualche giorno fa guardavo questa fotuzza...mi ero trovata davanti sta tipa che aveva una chioma sansonica assurda e crudele (era agosto). non so bene perché (sì che lo so) ma ho cominciato a seguirla perdendomi allegramente nel mio film di lei che si fa la doccia otto ore prima di uscire di lei che va al mare con due materassini uno per lei uno per i capelli di lei che sale sul tram e si impiglia nell'obliteratrice....

insomma, per farla breve, riguardavo la foto e come spesso accade quando riguardi una foto, mi accorsi di un nuovo dettaglio. il tipo sulla sinistra, quello col carrello. Lui, non vede lo strascico di capelli non guarda da quella parte. no. lui guarda il dito, mentre la luna ce l'ha sulla spalla. lui guarda una che fa foto a non si sa bene cosa in uno stupido centro commerciale.

ecco, credo che il punto sia tutto qui.

come dicevo ad alcuni amici qualche giorno fa, per scrivere bisogna per forza avere qualcosa da raccontare. 
e per avere qualcosa da raccontare, bisogna per forza saper vedere.

non ci sono santi: è tutto nello spirito di osservazione.


"Quando tra le undici e mezzanotte, incontravo un operaio che tornava colla moglie dall’Ambigu-Comique, mi divertivo a seguirli dal corso del Ponte dei Cavoli fino al corso Beaumarchais. Parlavano della commedia che avevano vista; da un discorso all’altro, arrivavano alle loro faccende; la madre tirava per mano il figlio, senza dar retta ai suoi lamenti e alle sue domande; contavano il denaro che dovevano riscuotere il giorno dopo, lo spendevano in venti modi differenti. Ed erano allora particolari di vita domestica, lamentele sul prezzo troppo alto delle patate, o sulla lunghezza dell’inverno e il rincaro delle formelle, rimproveri energici sul debito col fornaio; e poi discussioni che via via si inasprivano, e in cui ciascuno rivelava con espressioni pittoresche il suo carattere. Ascoltandoli, aderivo alla loro vita, mi sentivo quasi addosso i loro cenci, e camminavo coi piedi nelle loro scarpe rotte; i loro desideri, i loro bisogni, tutto passava in me, e io in loro. Un sogno ad occhi aperti. Me la prendevo anch’io coi capi-officina tirannici, e coi cattivi clienti che li facevano andare e venire senza pagarli. Dimenticare le mie abitudini, diventare per mezzo delle facoltà morali un altro personaggio, e poter ripetere il gioco a volontà, era la mia distrazione."

Facino Cane -  Honoré de Balzac

domenica 12 febbraio 2012

non voglio

elephanta island - mumbai, india


"non voglio che mi guardi
non voglio che mi fotografi tu e quella cazzo di macchina fotografica che vale quanto la vita dei miei figli in questo posto di merda dove vivo non voglio che scruti nelle pieghe del mio sguardo nel dolore delle mie lacrime nei segreti dei miei sorrisi non voglio che tu entri e che sia ancora una volta come sempre come da sempre padrone della mia vita non voglio essere schiavo delle tue manipolazioni delle proiezioni su un video in un fottuto salotto di una fottuta città del fottutissimo emisfero nord non voglio che mi usi che mi abusi che mi porti via, lasciandomi qui per sempre"


parlo a te, sì a te, grandissima testa di cazzo che in senegal gli dicono no, qui non si possono fare foto, qui la gente ha la dignità della propria miseria, rispettiamola e a te ti si accende una luce negli occhi che tu sei più furbo di tutti che a casa venderai quella foto agli amici con la tronfia di chi è più furbo più figo e con la boria dell'ignoranza giocherai all'allegro reporter e così impugni la macchina fotografica non ci pensi per un attimo e scatti la foto a quegli sguardi che vorrebbero divorarti. 

non te ne sei accorto, ma io sì.

ti hanno appena sputato su un piede.


sabato 11 febbraio 2012

diversi

AIRONI - Varkala, Kerala, India 




"qual è il viaggio più bello che hai fatto?"
"quello in cui ho scoperto che ero io quello diverso" 



si parte


INDIAN OCEAN -  Zanzibar Town, Tanzania

con il cuore con la testa con il cervello in tensione riempi lo zaino un trolley una borsa ricorda il caricabatterie della nikon e il moleskine anzi tre moleskine forse quattro porca eva non bastano mai e poi le solite medicine che metti che ti viene la febbre e poi il biglietto del treno del tram dell'aereo o al limite le chiavi della vespa. 

che l'anima del viaggio è nel viaggiare non nella destinazione.