mercoledì 15 febbraio 2012

saper vedere


 
qualche giorno fa guardavo questa fotuzza...mi ero trovata davanti sta tipa che aveva una chioma sansonica assurda e crudele (era agosto). non so bene perché (sì che lo so) ma ho cominciato a seguirla perdendomi allegramente nel mio film di lei che si fa la doccia otto ore prima di uscire di lei che va al mare con due materassini uno per lei uno per i capelli di lei che sale sul tram e si impiglia nell'obliteratrice....

insomma, per farla breve, riguardavo la foto e come spesso accade quando riguardi una foto, mi accorsi di un nuovo dettaglio. il tipo sulla sinistra, quello col carrello. Lui, non vede lo strascico di capelli non guarda da quella parte. no. lui guarda il dito, mentre la luna ce l'ha sulla spalla. lui guarda una che fa foto a non si sa bene cosa in uno stupido centro commerciale.

ecco, credo che il punto sia tutto qui.

come dicevo ad alcuni amici qualche giorno fa, per scrivere bisogna per forza avere qualcosa da raccontare. 
e per avere qualcosa da raccontare, bisogna per forza saper vedere.

non ci sono santi: è tutto nello spirito di osservazione.


"Quando tra le undici e mezzanotte, incontravo un operaio che tornava colla moglie dall’Ambigu-Comique, mi divertivo a seguirli dal corso del Ponte dei Cavoli fino al corso Beaumarchais. Parlavano della commedia che avevano vista; da un discorso all’altro, arrivavano alle loro faccende; la madre tirava per mano il figlio, senza dar retta ai suoi lamenti e alle sue domande; contavano il denaro che dovevano riscuotere il giorno dopo, lo spendevano in venti modi differenti. Ed erano allora particolari di vita domestica, lamentele sul prezzo troppo alto delle patate, o sulla lunghezza dell’inverno e il rincaro delle formelle, rimproveri energici sul debito col fornaio; e poi discussioni che via via si inasprivano, e in cui ciascuno rivelava con espressioni pittoresche il suo carattere. Ascoltandoli, aderivo alla loro vita, mi sentivo quasi addosso i loro cenci, e camminavo coi piedi nelle loro scarpe rotte; i loro desideri, i loro bisogni, tutto passava in me, e io in loro. Un sogno ad occhi aperti. Me la prendevo anch’io coi capi-officina tirannici, e coi cattivi clienti che li facevano andare e venire senza pagarli. Dimenticare le mie abitudini, diventare per mezzo delle facoltà morali un altro personaggio, e poter ripetere il gioco a volontà, era la mia distrazione."

Facino Cane -  Honoré de Balzac

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