domenica 21 ottobre 2012

missione kinshasa - la fin n'est pas qu'un débout

ci mettono un secondo a sfilarti di tasca un filo un bottone un soldo gli occhiali
ci mettono giorni per mettere insieme due assi e fare una porta
ci mettono poco a ridere con te, se ti siedi al mercato a bere una sucrè in mezzo a polli tele mutande e risate
ci mettono una vita e una vita non basta per chiedere s’il vous plait
ci mettono due giorni per farti un vestito su misura
ci mettono un attimo a buttar via un bambino che perfetto non è
ci mettono niente a dirti di portarli in europa con te
ci mettono tutto, quando ti sorridono incontro
ci mettono pigrizia disperazione rabbia lentezza connivenza disordine e sporcizia
ci mettono il cuore e il sangue
ci mettono i suoni i ritmi i respiri
di una vita molto più vicina alla terra che al cielo

e forse per questo più forte più vera
 
 
 
 
 

mercoledì 17 ottobre 2012

missione kinshasa - le bambine di Boboto

e poi ci sono le bambine di Boboto*

esserini che vivono un presente troppo spesso senza futuro
mute incapaci di dire cos’hanno nel cuore
sorde alla vita anche al palloncino che scoppia vicino
un piccolo ritardo un grave problema gli occhietti un po’ storti le faccine un po' strane
e le risate
risate che ti spezzano il cuore
loro non lo sanno ma da te si difendono
mica ti saltano addosso la prima volta che ti vedono, no
loro ti guardano ti studiano cercano di capire cosa vuoi da loro o semplicmeente cosa vuoi fare insieme a loro
e allora ti dici che in fondo sono solo bambine solo un poco più fragili ma sempre bambine
e così provi accetti la sfida e provi a giocare con loro adeguandoti ai loro versi segni strattoni
sì, che ti cercano sanno che con te sono al sicuro non sei un grande cattivo sei lì per loro sei lì per giocare o fare anche solo un disegno

litigano come tutti bambini del mondo
le sgridi come tutti i bambini del mondo
ti guardano storto fai un sorriso così ridono ti si attaccano alla maglietta ai pantaloni non ti mollano più con questa mama bianca si ride che in fondo ha solo un colore diverso e tanti palloncini in più ma è come la mama che è qui alla casa quella nera che ci fa fare i compiti sta ocn noi gionro e notte ci manda a scuola ci fa fare il bucato e canta
che quando canta la sua voce arriva fino al rwanda e sembra la mamma la mamma che avevo da qualche parte avevo una mamma e non so neanche se domani avrò una famiglia ma ora sto qui sto bene sto al caldo e domani non ci penso a domani adesso faccio merenda e maman maman donne moi un autre ballon


*Boboto è il Milieu Fermé  dell'Opera Don Guanella per bambine con handicap. Ne può ospitare una quindicina. Qui vivono come in una casa normale, tute insieme, con due o tre maman che vivono con loro.

lunedì 15 ottobre 2012

missione kinshasa - storia di Dieu il "sorcier"

.....non voltarti cazzo no non voltarti scappa corri veloce ti è dietro il bastardo il maledetto il cane....

papà papà non morire papà per favore
mamma ho fame non rimanere incinta un'altra volta
siamo già otto
ho fame
abbiamo tutti fame
stavolta è la fine
è la fine per tutti

.....non voltarti cazzo no non voltarti scappa corri veloce ti è dietro il bastardo il maledetto il cane....

e poi venne la chiesa del dio che non esiste
la mamma con la sua disperazione
parla al prete che prete non è
piange si dispera vuole una grazia
un motivo alle sue pene
"sorcier sorcier"
le vostre disgrazie sono dentro di voi
il diavolo è nella vostra famiglia
cercate cercate cercate
è sicuro in uno dei tuoi piccoli

così il denaro cambia di mano:
mamma prete esorcista
soldi tanti soldi
che questo è un business che rende
e fanculo se ci rimette un ragazzino
ce ne sono a centinaia di migliaia qui a kinshasa
che sarà mai uno in meno

.....non voltarti cazzo no non voltarti scappa corri veloce ti è dietro il bastardo il maledetto il cane....

ti ha preso l'esorcista ti ha preso con un cazzotto ti ha steso
ti lega le gambe
strette
e poi giù botte e sevizie e tagli e bruciature
e mamma che guarda e mamma che paga e che spera

è troppo è assurdo è uno strazio è dolore
che ti sfrangia le budella ti scoppia il cervello
così scappi di nuovo
scappi nella strada
scappi dalla vita
col pianto addosso afferri quattro pile
le butti giù come fossero aspirine

vuoi farla finita hai otto anni e vuoi già farla finita
morire per acido e senza neanche il trip

.....non voltarti cazzo no non voltarti scappa corri veloce ti è dietro il bastardo il maledetto il cane....




ieri al Point D'Eau è arrivato un uomo
ti cercava
voleva parlarti
gli han detto di tornare domani

domani, bastardo maledetto cane
domani per te ci sarà la galera


 
 
 
 

domenica 14 ottobre 2012

missione kinshasa - una domenica da bianchi

sul lungofiume quartiere delle ambasciate collina di ville giardini silenzio un poliziotto a destra uno a sinistra un venditore di fazzolettini di carta e carte telefoniche è l'unico intruso con la pelle scura qui dentro solo strade larghe e asfaltate e pulite e ampie
lo spazzino parla come un maggiordomo bonjour madame e accenna un lieve inchino i suv le super jeep da un hammer scende una ragazzetta bionda un cinquantenne sudato pantaloncini e ipod tee shirt Kinshasa running team
sul lungofiume quartiere delle ambasciate profumo di frangipane e colori di ibiscus e uccelli turchesi e ocra profumo di verde che ha appena piovuto lì sotto il fiume il grande fiume congo scorre forte vedi i segni della corrente
un gruppo di cinesi e francesi vogliono la foto ricordo al guinzaglio un incrocio tra un chiuaua e un pitbul uno spagnolo della croce rossa passeggia con un americano di boston un dalmata al guinzaglio con padrone libanese un golden retriever grasso due donne arabe con l'hijad tre ragazzini congolesi bonjour mesdames

sul lungofiume quartiere delle ambasciate tutto è ovattato sembra bello sembra un'altra cosa sembra un'altra città sembra un'altra vita lontane le sierene dei cortei ministeriali per il summit della francofonia

passa una famiglia italiana
lui
lei
un paio di bambini

e una tata assurdamente filippina


sabato 13 ottobre 2012

missione kinshasa - istruzioni per l'uso

se di notte non riesci a dormire per la musica a palla che arriva dalla strada, sappi che è una chiesa. non potrai maledirla.
se nel giro di un'ora ti capita di incrociare donne in pareo in tailleur lilla cangiante e in abito nero con boa di struzzo rosso al collo, sappi che NON è carnevale. metti via i coriandoli.

se devi tagliare i capelli sappi che te lo faranno con una lametta da barba sul ciglio della strada
se devi fare la pedicure sappi che te la farà un uomo, tu seduta su una sedia lui su un panchetto di legno a mò di lustrascarpe.
se devi andare dal parrucchiere sappi che non serve appuntamento. chiunque fa treccine a chiunque ovunque. anche mentre ti fanno il panino con la frittata.
se ti dicono cinese non devi offenderti. qui i bianchi sono chiamati tutti così. chissà perché.
se non vedi cani per strada non chiederti il perché.
lo stesso dicasi per i topi.
se devi chiamare per strada un taxi collectif per andare ai boulevard (centro) metti la mano chiusa e muovila dall'alto al basso. presente quando dici a qualcuno di smammare? ecco, quello.
se invece devi andare al Bon Marché fai il segno dell'autostop. ma non pensare di non pagare, dopo.

se poi ti arriva uno in moto rayban a specchio fisico da paura bicipiti guizzanti gamba lunga da nibelungo mascella con il guizzo e ti invita a salire, beh non fare come me che mi si è cortocircuitato l'ormone.
è solo un moto taxi.


e facimmuce 'na risata

venerdì 12 ottobre 2012

missione kinshasa - giorni di cazzotti e lacrime

al Point D'Eau c'è un'atmosfera strana tensione rabbia che esplode per poco o per nulla. fuori nelle strade si è sparsa la voce qui si mangia tre volte al giorno. una manna. arrivano a frotte, puntuali. accettano di essere perquisiti di lavarsi di mettersi in fila e in realtà accetterebbero tutto pur di mangiare due volte al giorno. a volte poi, restano qui tutto il giorno magari a dormire perché han passato la notte ubriachi
restano a farsi medicare perché hanno un occhio pesto da un pugno o la gamba infetta dal taglio del machete
restano qui perché fuori c'è  pieno di polizia per il Summit della Francophonie e se li beccano li ammazzano di botte o li sbattono a marcire in galera
restano qui perché qualcuno in fondo capisce anche che uscire dal tunnel può cominciare dall'entrare in quella porta la porta del Point D'Eau

una volta dentro devi tenerli buoni puoi tenerli buoni con i pastelli e le matite i colori a dita e i palloncini in fondo sono bambini e basta poco per passare ore al banco a disegnare scrivere tracciare scarabocchi
possono anche sembrarti teneri e fragili e minuscoli nei loro muscoli da adulti nelle loro facce segnate dalle cicatrici dai tatuaggi del loro nome sul braccio fatti da chissà chi e con chissà quali scopi mentre disegnano impegnati ed è quasi una gara per sentirsi dire che sei il più bravo il migliore e che bello questo disegno alcuni disegnano davvero con talento ci mettono anima fantasia e cuore. e pezzi della loro storia.

eppure basta un niente una matita che cade il bullo che arriva e prende di mano il pastello al piccolo e scatta subito la rissa. cazzotti spintoni urla profonde sguardi di lama le lacrime dei piccoli presi da un pugno per caso o perché tenevano in mano un pastello blu si rincorrono si spingono è una cosa tra loro una gerarchia di branco che devono imporsi che arriva dalla strada
picchiare per non essere picchiati la lotta per la sopravvivenza

ed è allora che nella rissa vedi uno dei più grandi uno dei più duri uno dei più difficili drogato due giorni su quattro eppure capace di disegni di una bellezza da lasciarti a bocca aperta lì sdraiato su un tavolo in un angolo il braccio a coprire gli occhi

"sei stanco?"
"sì"
"non hai dormito stanotte?"
"no"
"......................."
"mio padre è morto, stanotte"

e tu resti lì perché lui ti trattiene la mano sulla sua spalla resti lì a dare un contatto. lui che voleva donare il suo sangue a suo padre morto nell'ospedale dei poveri dove il suo sangue non l'hanno voluto perché lui è un drogato e allora gli luccicano appena gli occhi troppo duro per piangere deve difendersi anche da se stesso poi gli dici parla con Papì, Papì ti ascolta Papì omone grande e meraviglioso che conduce questo branco con il carisma di un papà la gioia di un bambino e la fermezza di una guardia.

parlano a lungo poi il bullo esce e pensi che forse ha trovato conforto e invece no, niente è prevedibile qui dentro. basta un bambino che gli passa vicino lo urta per sbaglio la rabbia esplode la rissa un pugno urlo silente occhi stretti dolore lo separi lgli parli sottovoce gli tocchi il braccio con la tua mano bianca si calma di nuovo. per ora.

c'è una strana atmosfera oggi al Point D'Eau.
ma fai fatica ad uscire e tornare a casa.


 
 

missione kinshasa - n. minuscolo


n. il minuscolo disegna da dio gli basta un bastone un poco di terra e disegna da dio tratti accennati nell'aria poi segni decisi e chiari e precisi
ha lo sguardo vivo sveglio pronto n. il minuscolo non sta mai nel mezzo sta sempre un po' più in là n. è minuscolo come uno scricciolo mucchietto di ossa e occhi da furetto n. il minuscolo ha 11 anni ma non gliene dai più di 7, maledetta malnutrizione
n. il minuscolo è scappato di casa da una casa di miseria di stenti e vergogne di papà e mamma che urlano che sgridano n. il munuscolo è spirito libero scappa scappa lontano dorme per strada si arrangia ma è libero poi sono arrivati loro gli uomini del racket quelli che addestrano i bambini a rubare e li sbattono in strada gli danno le droghe gli danno il fumo gli danno una vita a breve scadenza.
n. il minuscolo è furbo è veloce è piccolo piace a quegli uomini ma n. è soprattutto intelligente e (forse) destinato ad altro e allora scappa scappa anche da lì entra in un portone rosso, entra al Point d'Eau.

n. il minuscolo ora è tranquillo ha passato il peggio ha passato il corso di alfabetizzazione ha passato anche l’esame per poter andare a scuola.

oggi era il primo giorno. fiero nella sua uniforme di camicia bianca pantaloni blu zaino in spalla e occhi come due stelle brillanti, ha preso la via che sembrava grandissimo.


n. il minuscolo non sta mai nel mezzo sta sempre un po' più in là

mercoledì 10 ottobre 2012

missione kinshasa - la preghiera delle donne

l'arteria di traffico di camion di moto di taxi  a rovescio di cinture appese e bambini in divisa da scuola banane pesce secco pesce arrosto fumo e puzza
corre parallela al binario strada mercatro bar all'aperto tutto insieme il treno tanto non passerà mai
poi un vicolo, canti di donne, canti di donne da dietro un muro
mi fermo ascolto mi piace
un uomo grande come un watusso mi dice cerchi qualcosa? no ascoltavo...vieni, puoi ascoltare da vicino...non voglio disturbare...no che non disturbi è la preghiera delle donne.
lo seguo attorno al muro entriamo in un cortile sei sette otto donne riunite in preghiere.facce giovani facce stanche di vita facce forti e dolci come profumo di frittelle dalla strada. parole sussurrate parole scandite come un mantra crescente ma mai incosciente parole gridate parole accompagnate dal battito incalzante delle mani JESUS JESUS ALLELUJA e una sfilza di parole in lingala. un ritmo incalzante che è energia pura che è forza che è dolore che è coraggio. queste donne pregano un inno di dignità. una donna seduta si alza e ci dà la sua sedia.
battere le mani con loro viene normale come la differenza tra assistere e partecipare. vibra un'energia speciale un'energia che la senti sotto pelle. non capisci le parole ma il senso oh eccome se lo capisci.
poi la sacerdotessa ringrazia le donne presenti poi ringrazia noi. dice, non so cosa vi abbia portato qui, dice, ma vi ringraziamo per esserci state...tornate quando volete.

anche questa, è kinshasa.

un binario strada mercato bar all'aperto di kinshasa
 

martedì 9 ottobre 2012

missione kinshasa - histoire d'Eau

eau è piccolo minuto educatissimo eau è uno scricciolo che non parla quasi nulla ma quando parla usa  il francese non il lingala

eau è arrivato al point d'eau durante il fine settimana raccolto chissà dove sotto qualche cumulo di fogna. aaron ora guarda la maman che tira fuori qualcosa di pulito da mettergli addosso. eau mi stringe il cuore e allora me lo prendo in braccio lo cullo gli parlo a bassa voce e lui si fa fare tutto

eau aspetta la dottoressa che lo deve visitare e allora gli prendo la manina e lo porto fuori con un foglio e una matita. gli disegno un gatto un cane un uccello un leone gli faccio i versi degli animali arrivano altri tre bambini e tutti insieme ridiamo al suono del mio miao e del  mio bau

eau soffre il solletico e quando ce l'hai lì accoccolato a te si gioca a solletico e lui ride ma ride a crepapelle eh che ti sembra quasi che quella risata lo faccia diventare anche un po' più in carne più robusto più simile a un bambino di 8 anni che a uno di 5 quale sembra

eau ha le mani e i piedini pieni infettati feriti da troppo tempo passato in strada passato a non pulirsi mai a dormire dove capita. eau ha la scique come la chiamano qui. le pulci hanno scelto le sue dita per metterci le uova. dita gonfie infette a tratti lui se le guarda come per dire cos'è che mi succede?

l'infermiera scava nella pelle con un bastocino nella pelle di eau sembra una scena da film di fantascienza vedere uscire quelle piccole maledette palline biancastre dalla pelle
ma eau non fa una lacrima non piange non dice neanche un ahi
forse perché è la prima volta nella sua vita che qualcuno gli fa male ma solo perché gli vuole bene


quanto ridere quando mi fai il solletico!!

lunedì 8 ottobre 2012

missione kinshasa - i segni della vita

qui i segni della vita te li porti addosso.
uno stupro una malattia i pidocchi. o un colpo di machete sulla faccia.
 
 

missione kinshasa - di ragazze donne e vite fottute

Anuarite* è una bolla di sospensione profumo di sapone e di cucina qui niente urla, niente risse. la vie en rose. il centro per ragazze madri, o per ragazze e basta.

c’è la direttrice donna grande donna grossa donna come mama afrika grande come tutte le mamme grande nei fianchi grande nel seno grande è la donna cannone. c’è l’infermiera la dottoressa l’educatrice c’è anche alessiaitaliana di war child grandi orecchini rossi e un fiore di stoffa tra i capelli. in cortile in cucina ai lavatoi ci sono loro. le ragazze. ragazze incinte, ragazze prostitute, ragazze offese, ragazze segnate. e poi bambine. bambine timide sfrontate gentili con il broncio. bambine teppiste. e un grappolo di figli.

qui arrivano quando sono incinte, quando devono partorire, per una pausa dai troppi uomini in una sola notte, o solo rimettersi in sesto dalle botte della polizia o peggio, dagli stupri dell’esercito in tenuta antisommossa. non hanno fretta di uscire di nuovo in quella roba chiamata mondo.
hanno 7 9 13 16 anni. una ha due gemelli in una pancia grande come un’immensa boule à neige. una è Douceur e dolce lo è davvero nonostante il suo handicap che non è solo quello sfregio sul viso di lama di scherno. una ha il viso da maschio, una ha i capelli da puffo, una è magra una è tonda, una è di 4 mesi, una di 5, una di 6. una allatta un figlio non suo ma è solo un modo per farsi vedere per mettersi in mostra.

sono ragazze alcune diventeranno donne altre chissà si perderanno per sempre.
una ragazza a kinshasa ha solo due strade, farsi fottere o fottersi la vita.
è così difficile vedere una terza strada quando non non si ha nulla da perdere e una (sola) cosa da dare.



 *Anuarite: centro chiuso dell'Operad Don Guanella di Kinshasa dedicato alle ragazze più grandi: madri, incinte o con problemi di droga o Aids.
Le ragazze vivono qui giorno e notte, assistite giorno e notte da assistenti, insegnanti, infermiera. Escono per andare a scuola o a messa.

missione kinshasa - di missili treccine e pipì

SBAAAAAAM
un missile di due anni e 60 centimetri mi si fionda incontro mi prende in pieno mi blocca il passo. pastelli e palloncini se ne vanno a ramengo per terra, le gambe sono bloccate. guardo in giù e scopro una buffa faccina con tante treccine che mi guarda e ride ride ride aggrappata alle mie rotule.
“mama!”
“si anche io ti voglio bene…”           

4 ore a saltare ridere correre disegnare ridere correre fare palloncini cercare grattini solletico ridere ancora saltare ballare. una kermesse da far venire una crisi isterica a un babbuino. a me mi abbatte come un baobab arrivato sul collo. poi finalmente si quieta. me la ritrovo in braccio, dieci chili di ciccia e moto perpetuo che neanche ci credi che si siano fermati. buonanotte buonanotte fiorellino  io canto canto inventando parole e senso con buona pace per de gregori ma che importa. importa che è una buona idea perché sento le sue bracciotte farsi pesanti come il respiro. le sue mani si appoggiano alle mie. le gambe penzolano prima una poi l’altra.  una di qui l’altra di là. per ultima la testa che scivola piano piano poi pluf si abbatte sul mento cicciotto.
no, non per ultima.
per ultima, una sensazione di caldo e di umido.
e un lago di pipì che mi inzuppa i pantaloni.
“sì, anche io ti voglio bene….”

domenica 7 ottobre 2012

missione kinshasa - quando quando

quando sei in posti così

quando fai il tragitto casa-lavoro come se fosse davvero casa e davvero lavoro

quando arrivi davanti al Point D’Eau e d'un tratto ti trovi in mezzo tra ragazzi di strada due di  quelli che rapinano i bianchi nei quartieri come questi ma loro no loro sono due che arrivano del centro ti circondano  ti chiedono  ti prendono le mani e allora arriva un signore preoccupato e ti chiede: vous les conossez? e tu rispondi con un sorriso “oui pas de problèmes”

quando la tipa con quel  faccino un po’ strano che non parla non guarda non si mischia con gli altri ti chiama in disparte ti chiede una foto ma solo tu ed io che con gli altri si vergogna si vergogna della sua piccola vanità perché lei vorrebbe invece sparire essere invisibile non essere per tutti quella che qualcuno l’ha stuprata e perdipiù l’ha messa incinta
 
quando ti siedi e ti trovi un braccio che ti cerca una spalla che si appoggia alla tua spalla una mano che prende la tua mano un contatto fisico toccami, calore, un contatto che sia per un attimo per un piccolo minuscolo attimo, un surrogato di mamma di famiglia di bene di bambino che vorrebbe solo  fare solo il bambino

giovedì 4 ottobre 2012

missione kinshasa - ago e filo

dunque è successo così. secondo giorno al Point D’Eau, varchi la soglia ed è già tutto un coro di Elisabé (che chissà perché il TTA non gli viene proprio) e Sesilià. davanti i grandi che ti danno il cinque dietro i timidi che ti sorridono (ma se tu sorridi a loro si nascondono vergognosi) e in mezzo a tuti i piccoletti, nanerottoli color cioccolato con occhioni grandi come laghi.

arrivi saluti il personale prendi la tua dose di abbracci di bambini posi lo zaino nel locale insegnanti esci e…ti ritrovi con ago e filo in mano.

“mama, mama” “elisabè, elisabè” davanti a me un piccoletto di 10 anni (ma forse sono 12 e lui è parecchio malnutrito) con i pantaloni in mano completamente scuciti al cavallo. praticamente è rimasta insieme solo la cintura.

da quel momento in  poi le cose funzionano così: tu sei seduta, non importa se per terra su un gradino, o sulle panche nel cortile. il propritario del cencio che stai riparando si siede di fianco a te e segue attentamente ogni tuo movimento. aspetta, ci volessero anche sei anni io da qui senza il mio cencio non mi muovo. poi ne arriva un secondo, per chiacchierare. poi un terzo e ti chiede se hai figli. col quarto inizi a canticchiare qualcosa, io di solito vado di de andrè o led zeepelin (l’inizio di stairway to heraven piace molto ai piccolini). poi arriva un quinto con una camicia stracciata. e un sesto con le mutande a pezzi e il sedere fuori.

le ragazze sono meno straccione. però in testa oggi si sono spalmate una specie di crema depilatoria. per tenere a bada i capelli, dicono. sarà.

durante il giorno ci sono quelli che stanno fissi qui e hanno i loro ritmi. la partita a biglie, la lezione di alfabetizzazione, la colazione, la rissa. solite cose insomma. poi ogni tanto entra uno grande, faccia da delinquete e camminata da boss. si stabiliscono subito le gerarchie. ma a capo di tutta la gerarchia devi esserci tu, educatore, responsabile, moniteur o semplice volontario. siamo noi, a dover rappresentare la legge qui dentro. chiunque tu sia là fuori.

certo il rischio di prendersi un cazzotto potrebbe esserci. ma non credo che sia mai avvenuto, se non per sbaglio. anche nei momenti di massima tensione, il tuo intervento non sembra ritorcersi contro di te. alzi la voce, urli, poi metti una mano sulle spalle allontani dividi e alla fine parli spieghi chiedi e i toni si smorzano e la voce si abbassa e gli sguardi perdono quella piega dura di prima.

da lì al rispetto, il passo forse non è più così lontano.

missione Kinshasa - vado un attimo in centro

Vado un attimo in centro. Nel centro di una città di 12 milioni di abitanti che si distende per 200 chilometri. non c’è via con scritto sopra cos’è. non esiste una cartina che sia uguale all’altra. I taxi collettivi si incrociano in corse stralunate da sud a nord, dagli slums ai giardini chiusi delle ambasciate.

in giro si vede un sacco di polizia perché a ottobre c’è il festival della francofonia e verrà anche holllande. evento di porestigio per la città. sissignori,  siete nella più grande città francofona al mondo. più grande di parigi. più grande di montreal.  persino più grande di parigi e montreal insieme.
i grandi boulevard non sono meglio delle periferie di Matete o Lemba. sì certo c’è pulizia e ordine e grandi boulevard che sembra di essere sui champs elysées. ma lo squallore è infinito. cemento e puzza di gas di scarico e grattacieli di ferro e grigio a picco sullo smog e sui negozi di diamanti del centro. sfilano cortei a sirene spiegate, una testa bianca sul sedile posteriore capelli cotonati e occhiali finto gucci.
fa caldo e sul taxi collettivo ti sembra di scioglierti insieme alla puzza di gasolio e nafta e carburatori mai puliti. il solito imbottigliamento dell’ora di punta. c’è così tanto smog che non vedi mai il tramonto.
dopo, buio. la luce manca ovunque forse la stanno usando per preparare gli spalti per la parata del festival della francofonia. al buio hai voglia di bere. al buio scorri i baracchini all’aperto lungo la strada, un mix dii polvere e chiasso e musica. al buio ti siedi e ordini una birra. vicino a te le donne fan bella mostra ancheggiano a suon di musica rossetti e profumi dolciastri boccoli e lustrini. chissà se stasera trovo l’uomo per me. o perlomeno, che sia uno che mi possa pagare bene.

mercoledì 3 ottobre 2012

Missione Kinshasa - 2 ottobre


2 ottobre

 20 minuti sulla rue bypass a kinshasa e tutto quel che hai visto finora è niente.
Genti e polvere e puzza di gas di scarico e cumuli di fogna e spazzatura che ai lati della strada diventano colline, scogli di città dove concrezioni di suole plastica emergono qua e là. Attento a  dove metti il piede lo vedi quel fosso che corre tra strada e camminamento, è  la fogna. E in mezzo lì per terra banchetti di miserie. banane ciancicate ciabatte vermi secchi cipolle mango toupè reggiseni. E poi coppe dell’olio ferri chiodi usati già mille volte e arnesi e uno scaldino del saldatore. Sono due giorni che cerca di saldare e salvare un radiatore.

Il centro diurno Point d’Eau è dietro il mercato in mezzo al mercato assurdamente piccolo rifugio in un ginepraio di odori di genti escrementi e rifiuti.
guardiano all’ingresso. ma la porta è aperta. si entra e si esce quando si vuole. E c’è anche qualche letto per i più piccoli, per passare anche la notte, qui.

c’è jahisse, ragazzetta magra come un chiodo con una camiciola rossa attillata che la rende ancor più smilza. Faccia da scugnizzo, modi da teppista. Si avvicina ti sfida la guardi sostieni lo sguardo si ammorbidisce. In fondo, è lì perché ha voluto entrarci lei. Perché è sola e perché dio solo sa che cosa le dà quello sguardo di lama.
Ma non c’è solo jahisse. C’è quello che ha passato una notte da drogato, la ragazzina fatta di valium da avere persino le guance gonfie. C’è il piccoletto che ha perso la mamma sul fiume congo, che poi scopri che è epilettico e allora forse la mamma lo ha proprio abbandonato ma lui non lo sa, è disperato e solo e basta. C’è quello che non è buono e nemmeno bravo ma ha  fatto a botte, gli han tagliato la faccia con un rasoio e adesso ha paura una fottuta paura, insieme a una cicatrice che va dal mento alla fronte. tutti qui dentro, tutti insieme, dove si lavano via gli orrori e si ritorna a essere, a cercare di essere, un po’ bambini.

A Point d’Eau puoi passarci la giornata, puoi tornarci tutti i giorni, puoi venirci per un pasto e restarci per lavarti. E quelle persone di colore come loro pallide come noi volontari del mondo di lassù, diventano papà mamme una mano da prendere e non lasciare anche se hai 14 anni e sei alto più di loro. Mani che ti danno una carezza che ti sgridano quando c’è bisogno che ti nutrono e ti mettono a studiare, che ti lavano i vestiti sporchi e che ti sgridano perché cambiare non è facile e neanche istantaneo e oggi hai dato un calcio alla ragazzina che da un mese aspetta un figlio.

Missione Kinshasa - 1 ottobre

1 ottobre

arriva una brutta notizia.
un ragazzo di Point D’Eau*, ragazzo di strada figlio di ragazza di strada, salvato dalla strada ma non dai suoi istinti stonati e ubriachi. stanotte ha violentato una ragazza. la polizia lo ha preso.
Fra Mauro è triste, dice che è stato un idiota che solo i poliziotti possono stuprare e farla franca e che per tutti gli altri uno stupro è uno stupro da e che dalla prigione, da quel buco di fogna, non si esce mai tutti interi.  Nel fisico e nell’anima.
Fra Mauro è triste perché quel ragazzo è perso per sempre.

 e poi un’altra brutta notizia.
due ragazze si sono fatte di valium per tutta la notte ma questa da sola qui non è neanche una notizia. la notizia è che nei loro corpi, nelle loro viscere, c’era vita. figlia di chissà chi concepita chissà dove.

la consegna dei medicinali.
in mezzo al quartiere di strade di polvere e cumuli di immondizia, galline che inseguono pulcini che si nutrono di schifo. bambini occhi grandi come laghi che inseguono bastoni come immaginari giochi. Il Dispensair, la farmacia, il primo soccorso, la guardia medica. il posto dove di giorno arriva chi sta male e di notte chi ha perso mezzo braccio sotto il colpo di un machete.
la bellissima Irene e Papà Gian fanno gli infermieri, lo fanno qui. hanno il peso del dolore sulle spalle e un sorriso contagioso sul viso.

il cielo è color inquietante le strade sono polvere assurda ragazzi in bianco e blu tornano da scuola tra rivoli di fogna a cielo aperto. Schivi le auto che qui neanche le moto si fermano davanti a un passante, c’è una veglia funebre là a sinistra la bara è aperta sui 35 gradi di oggi e fino a domani resterà così a prendersi i canti delle donne e le preghiere di chissà chi.
Lontano si vede nero, un cielo nero marrone che fa paura. Ddlla strada d’un attimo arriva una tempesta di sabbia, ma è solo vento tanto vento forte che solleva tutta la sabbia di kinshasa e te la fa entrare negli occhi e la respiri e la mastichi poi gocce. Gocce gigantesche. Gocce che fanno male quando ti arrivano addosso. è solo l’inizio. Tra un po’ pioveranno fiumi. Un fiume in piena per mezzora poi basta.

è solo l’inizio, anche per la stagione delle piogge.




* Point d'Eau: milieu ouvert dell'Opera Don Guanella di Kinshasa. 
Ogni giorno circa 80 bambini di strada si rifugiano qui per un pasto o per un giorno intero. Il centro garantisce loro 3 pasti al giorno, acqua per lavarsi, vestiti, assistenza psico-socio-sanitaria, corsi di alfabetizzazione.

lunedì 1 ottobre 2012

Missione Kinshasa - dell'arrivo


7 ore di volo dal Mondo di Lassù e in un attimo sei sopra al fiume congo.
Kinshasa aeroporto di polvere, caldo, umido, un casino di casino, bagagli su umani su bagagli. ogni tanto, spesso, macchie scure di polizia esercito mitra corpi accasciati stancamente –falsamente- su seggiole sgangherate sguardi bui scuri di superiorità acquisita con una divisa che riscatta una vita di miseria.

Fra Mauro* ci aspetta con il suo vecchio stanco stoico furgone vw carico zeppo di ragazzini  ex ragazzi di strada ora ragazzi del centro di ospitalità Maison Saint Joseph.
e certo, che hanno il terrore della polizia. hanno il terrore di finire come i cani presi al cappio e buttati in qualche schifo di buco dove se va bene ne escono con la tubercolosi. Fra Mauro li avvisa: in aeroporto non state mai da soli, sempre in gruppo. E non dite che siete ragazzi di strada, mi raccomando. Arriva il poliziotto, due, tre.  Mitra in vista sguardo duro: chi siete cosa fate. È un attimo. Si inventano una storia una favola il sogno di bambino. Si inventano di essere una squadra di calcio e la inventano così vera -vera come la paura di esser presi- che ci credono davvero e ci credono anche quelli dell’esercito. Ok andate ora però, via, sciò.

E qui arriviamo noi. il furgoncino inghiotte 100 chili di borsoni di medicinali magliette pantaloncini pastelli colori. Ogni ragazzino una borsa, alcuni in coppia, uno apre il corteo, due lo fiancheggiano. Tutti vogliono sapere i nomi e dire i loro. L’importanza dell’identità perduta.

 Si parte, il vecchio bolso stoico vw annaspa su un minuscolo dosso, poi si immette deciso sulla strada tra camion in contromano e pedoni in corsia di sorpasso.


*Fratello Mauro Cecchinato: responsabile dei centri di Kinshasa dell'Opera Don Guanella dedicati ai bambini di strada. 
 
 
 
 
 

giovedì 27 settembre 2012

Missione Kinshasa - di quando si chiudono i borsoni


PRIMA...

DOPO (!)
ok.
si chiudono i borsoni.

giri di scotch come se piovesse per evitare che le cerniere esplodano.

grazie agli amici abbiamo raccolto una montagna di medicinali e pastelli e abbigliamento....5 borsoni da circa 25 chili l'uno.  siamo consapevoli che l'overweight potrebbe costarci come un volo andata ritorno per new york. e questo mi fa anche lievemente incazzare.

cioè, possibile che nessuno abbia mai pensato a una franchigia speciale per i volontari verso il terzo mondo???.....che con tutte quelle teste dedicate alla fame nel mondo e alle malattie dei bambini, nessuno si sia mai accorto che un volontario deve pagarsi centinaia di euro di overweight???

Comunque sia, si parte.
Intanto arrivano info operative da Kinshasa.
Fra Mauro ha risposto dopo 7 giorni a una nostra mail: avevano problemi di connessione e questo mi fa pensare che non potrò forse rispettare il mio impegno di postare tutti i giorni, mannaggia.

Poi si è raccomandato, quando arriviamo, di non dichiarare che abbiamo medicinali. Ma non saremo sole: spedirà dentro all'aeroporto Ignace, suo collaboratore, ad aiutarci a passare la dogana e uscire indenni.

 






sabato 22 settembre 2012

Missione Kinshasa - i colli/caviglie

allora, mi sono permessi 2 colli, 23 chili cadacollo, in stiva -che poi perché mai si chiamano colli, perché allora non chiamarli chessò, caviglie...vabbè- poi ho 12 chili in un collo unico in cabina.

REGOLA NUMERO UNO DEL COLLO/CAVIGLIA PERFETTO: divide et impera.
ieri ho cominciato a fare due mucchietti.
tutto quel che è arrivato finora (magliette medicinali cancelleria), diviso in due blocchi assolutamente identici, da infilare nei due colli/caviglie che verranno quindi riempiti in assoluta par condicio

perché sappiatelo, i colli/caviglie possono essere molto distratti e perdere la testa/collo/caviglia in qualche meandro di qualsiasi aeroporto. uno arriva e l'altro? boh era qui un momento fa...
quando va bene,  è stato avvistato ad abu dhabi.



REGOLA NUMERO DUE: effetto multi tasching.
posto che metti tutto quel che serve a te e che non devi assolutamente perdere in un collo/caviglia a mano -e posto che nel "tutto quel che serve" rientrano necessariamente macchina fotografica obiettivi pc adattatori cellulare caricabatterie vari medicinali personali documenti e una presa multipla, oltre a un paio di mutande e una maglietta che non vorrai mai che perdessero TUTTO il tuo bagaglio in stiva- niente di più facile che quei 12 chili diventino almeno un paio in più.

a quel punto si può adottare il vecchio trucco del gilet multitasching, cioè con molte molte tasche e presentarsi al check in adosso uno di quei gilet da fotografi da savana.
14  chili? togli due tele e un caricabatterie e te li infili in tasca. voilà.

PS: ovviamente, fatto il check in, occorre ricordarsi di rimettere tutto dentro il collo/caviglia a mano. far saltare per aria il metal detector non è buona cosa.



giovedì 20 settembre 2012

Missione Kinshasa - I primi arrivi!!!!!

uao. certo che la gente ha cuore da vendere!....voglio dire, c'è la crisi monti la merkel la seconda rata dell'imu e lo spread che fa su e giù eppure, EPPURE, al mio appello sta arrivando una valanga di aiuto...una valanga di cuore.

IERI. primo tra tutti, un pacchettino piccolo ma meraviglioso. meraviglioso perché arriva da Ilaria, che neanche conosco, che è amica di un'amica di Facebook (e poi dicono che Facebook è pericoloso, mapperpiacere). e che manco sta a milano, la tapina. sta a pisa. e da là ha ordinato su internet e fatto arrivare qui a me....cuore grande grande grande


OGGI. dopodichè, al ritorno dalla asl dove a questo giro mi han fatto fare l'antimengicoccola (o comediavolosichiama) e prescritto il malarone, trovo in portineria due scatoloni!!!...no, non scatole, nemmeno scatoline...no, no proprio  scatolONI. I miei due cugini grandecuore e cuoredipanna mi hanno mandato questi:

tante magliettine per bambino...

 e tante matite e pastelli e sacche/cartelle e magliette grandi



E IO? che dire. che comincio a sentire la responsabilità di quel che sto facendo.....ho iniziato questa avventura con la sensieratezza e l'incoscienza, con il cuore e l'allegria. ma ora sto iniziando a capire, con tutti questi oggetti tra le mani, che tutto questo sarà qualcosa di speciale, per quei bambini del mondo di laggiù.

forse, potranno dare loro la sensazione che nel mondo, in qualche parte nel mondo di lassù, qualcuno a loro vuole bene....




lunedì 17 settembre 2012

Missione Kinshasa - PROLOGO

si parte. 
il 30 settembre Cecilia ed io andiamo, come Volontarie di Aiutare I Bambini, in Repubblica Democratica del Congo.

Missione non facile, ma Cecilia ha già esperienza in Africa come volontaria e io....beh diciamo che l'inverno a Portofranco è stato un bel rodaggio.
In ogni caso si parte.
Presi contatti con Fra Mauro Cecchinato della missione a Kinshasa che ci ospiterà -fanno recupero dei bambini di strada, piaga del paese- abbiamo capito che medicinali basici sono molto più che ben accetti: sono fondamentali!! Così, ho pensato che un appello su Facebook fosse un buon modo di attivare amici e parenti nella raccolta di un po' di medicinali...

beh, che dire. c'è un sacco ma veramente un sacco di gente per bene. un sacco di solidarietà. anche da amici di amici che manco conosco. il cuore della gente, è incredibile.


martedì 10 luglio 2012

cronache dal portoranco - eppi end

"salve prof, volevo dirle che sono stata promossa con 80. Domani a portofranco si farà una piccola festa, mi farebbe molto piacere se venisse"

giovedì 24 maggio 2012

che poi basta poco eh

che poi basta poco.
basta andare oltre il solito panorama di giardini terrazzi e cani di razza che abbaiano in francese. basta andare oltre il lounge bar tutto compreso anche la noia del solito happy hour che ha perso tutto il suo happy. oltre anche alle mini cooper al tmax al cazz e al lazz e a tutta quella muffa eredità della milanodabere milanodasniffare. oltre persino alla sciura tutta tods e shatush che porta i figli a scuola in bici perché così ha detto pisapia peccato però che lei abiti in brera e non a quarto oggiaro, e che il massimo che le può succedere è che un merlo le caghi sul cestino. in paglia di vienna, ovvio.
basta andare oltre.
non di tanto, solo di un pochino.
oltre abbastanza per prendersi un paio d'ore o un pomeriggio e lasciarsi camminare in giro per la zona di via civitali a milano. quartiere a macchie di leopardo dove le macchie sono case borghesi alternate a casbeh ultra popolari. medioriccaborghesia versus nuovegenerazionidimilanesi. pelli bianche gialle occhi arabi nasi cinesi. ci passi in mezzo di fianco ti incolonni con loro al semaforo o al supermercato cammini le stesse strade ti siedi sulle stesse panchine bambini che giocano al parchetto hijad che svolazzano occhi neri ti sorridono profumo di pane buono crocchi di civiltà arabe orientali e milanesi raccolte nel bar dei fratelli sardi che se gli chiedi un mirto gli si illuminano i denti nel sorriso più sorriso che c'è.  
e in quella tranquillità quasi di paese in quei ritmi che un po', tanto, abbiamo perso, in quel essere comunità e esserlo tranquillamente senza altro che il vivere essere vicini, lì c'è qualcosa che ci siamo persi per strada. a volte lo cerchiamo lontano nel mondo, mentre invece è solo lontano dentro di noi.
trovarlo forse è un po' ritrovare noi stessi.
sicuramente è un viaggio che merita, anche se nessuna rivista di turismo ne parlerà mai.


PS mentre scrivevo ho sentito delle voci da via ciardi. ho girato l'angolo e ho visto venti forse trenta taxi parcheggiati in seconda fila. uno sciopero contro il governo monti? una protesta contro la liberalizzazione delle licenze? uno stop contro le cartelle di equitalia?
no. semplicemente la gita annuale dell'istituto don gnocchi. trasporto offerto, gioiosamente, dai tassisti milanesi.

 Betancuria, Fuerteventura (Canarie)

lunedì 16 aprile 2012

ma anche no

vado via perché fa figo andar dall'altra parte del mondo con l'aereo
e pazienza se confondo Amman con l'hammam
vado in kenia perché voglio cantare jambo buana
vado in un villaggio che ha dentro tutto ma proprio tutto 
così non devo mai proprio mai mettere il naso fuori che chissà che ci succede in quei posti lì
vado via perché mi abbronzo come un negro
però non proprio come un negro
perché i negri hanno la pelle che puzza e in fondo sono anche un po' sporchi

vado via perché mi gonfio la valigia di roba, ottanta chili per una settimana al mare, ma volevi lasciare a casa il vestito di paillettes di piombo e le scarpette con piume di orinoco svizzero?

vado via così poi posso portare un souvenir alla portinaia
vado via così posso dire di essere andato via



mercoledì 4 aprile 2012

cronache dal portofranco - i prof

e poi ci sono i prof.
tipo la prof di latino.
piccola come un puffo passo da mastino sembra uscire dritta dritta dal de bello gallico che però lo capisci subito che invece è una che il cuore non lo butta oltre la siepe. no lei lo butta direttamente otto ettari più in là.
tutta diversa da quella suorina anche lei piccolina tutta grigia nel suo velo occhialetti tondi e musino da scoiattolo. la vedi dolce piccolina indifesa e ti verrebbe da scortarla ogni volta che la vedi camminare in quei corridoi tra gruppi di ragazzotti e ragazzotte figli degli omogeneizzati e di quartieri periferici. finché un pomeriggio la becchi alle prese con due "armadi" indiani che devono imparare l'italiano e non c'han voglia di capire cosa vuol dire dinoccolato. la vedi lì in piedi in mezzo alla stanza, e come Mosè la senti tuonare il suo anatema: "santo demonio, guardate e imparate cosa vuol dire dinoccolato" ed eccola deambulare per la stanza molleggiata come un celentano.
e così ti vien da sorridere. anzi no ti viene anche un po' da ridere. ma quelle risate belle, eh, non quelle di scherno. le risate di allegria vera. leggere e gratuite. una sana risata di quelle che vengono dal cuore e ti fan dire che beh in fondo, gli uomini sono gli essere più soprprendenti al mondo e che basterebbe sedersi e prendersi il tempo di guardare per vedersi scorrere davanti agli occhi un romanzo.

cronache dal portofranco - una questione di fiducia 2

è tornato. ha imparato a sciogliere i nodi della tensione a lasciar correre le mani e le braccia sul banco a prendere possesso degli oggetti e di se stesso. ha imparato a osare le risposte perché in fondo le risposte le ha sempre sapute solo che nessuno ci credeva e di questo, persino lui avevano convinto. ha imparato a sorridere perché studiare insieme prevede anche di poter dire strafalcioni senza vergogna, semplicemente correggendosi e facendosi su una bella risata. e ha imparato persino ad avere il coraggio di correggere la prof quando lo strafalcione scappa a lei, a me. e lei, io, gongola di compiacimento come un pavone nella stagione dell'amore.
è tornato e con lui i suoi sorrisi che sono bellissimi.
ma quello di oggi era davvero speciale...

"prof!!! ho preso 7 alla verifica scritta e 6 a quella orale!!"

martedì 6 marzo 2012

cronache dal Portofranco - La dignità dell'antipatia

e poi arriva quello che ti sta sulle palle. non ci puoi fare nulla. hai voglia a ripeterti che devi essere disponibile e che lui -solo per il fatto di essere portatore di problemi, qualsiasi tipo di problema- automaticamente si guadagna il grado di bello dolce simpatico e amabile.
col cacchio.

e così ti vedi arrivare sto piccoletto cicciotto brufoli in ogni dove vocetta stridula da ormoni scompagnati.
ciao
ciao
cosa devi fare?
hihihihi d'annunzio hihihihi
e lì, in quel momento, capisci che il gioco è fatto: ti sta sulle palle.


che all'inizio ti senti anche in colpa. voglio dire, che il ragazzetto dei brufoli abbia qualche problemino è evidente da quel suo ridere come un'oca, dal distrarsi in continuo, dallo sproloquiare dieci minuti a vanvera solo perché gli hai chiesto che classe fai? e lui parte a raccontarti la storia di tutti i suoi parenti fino al cugino di ottavo grado

cosa sai di dannunzio? hihihihihihi che gli piacevano le donne hihihihihih
sì ti sta proprio sulle palle.
lo prenderesti a scossoni, gli diresti per favore potresti non ridacchiare così? potresti per cinque minuti concentrarti su quel che ti sto spiegando? potresti gratificare per un minuscolo secondo la fatica immensa che sto facendo per cercare di farti capire chi era D'Annunzio??


il mito del super eroe. il poeta. il sommo. il decadente. il libertino. un uomo di marketing. un grande comunicatore. un manipolatore delle folle.
niente. mi guardi in silenzio (ti riconosco che a questo punto sei in silenzio) ma non dici nulla. vedo vetro trasparente nei tuoi occhi. e uno sforzo deciso per cercare di capire quel che ti sto dicendo. 
ho un contatto assurdo tra le sinapsi e ti dico: hai presente fabrizio corona? sì certo che ce l'hai presente. ecco, immagina che d'annunzio fosse un tipo come corona: usava la gente per costruire il suo mito, ma di fatto lui odiava gli altri. il tuo sguardo si illumina, hai capito.

potrei essere felice. e lo sono, per te che forse ora prenderai 6 all'interrogazione e anche un po' per me che ho trovato la chiave giusta. però quando poi te ne vai a fine lezione ridacchiando nel tuo modo assurdo capisco che posso trovare gli strumenti per penetrare il tuo cervello di gomma, ma non quelli per vincere il mio limite nei tuoi confronti.

il limite di una umanissima, semplicissima istintiva antipatia che ci mette sullo stesso piano.
tu ed io. due persone qualsiasi che per caso si incontrano e che per caso possono anche non piacersi.

lunedì 5 marzo 2012

cronache dal Portofranco - legge di Q

cosa ti han fatto da piccolo, eh?
ti hanno tirato su a barbabietole e fegato?
ti han sparato bussolotti nei malleoli mentre cercavi di imparare a camminare?
ti hanno messo l'apparecchio ai denti a 2 anni e te l'hanno tolto a 22?

l'hai chiamato compito. 
leggere -Q- di Luther Blisset. 
e lo interrogherai tra due settimane, questo ragazzone lento nei riflessi e generoso nei sorrisi, che a scuola ci viene sempre col suo insegnante di sostegno.

perché l'hai fatto eh? per attaccarlo nel profondo del suo ego, per minargli la fiducia in se stesso, per dare un colpo basso alla sua dignità, alla faccia delle sue voglie di imparare e un giorno fare qualcosa, una cosa qualsiasi, anche piccolina non importa, ma farla con entusiasmo sapendo che la sai fare, sì la sai fare?

non so perché l'hai fatto, piccolo piccolissimo uomo che fai l'insegnante.
ma so però che non hai fatto i conti con il suo di Q, anzi di IQ.

perché quel ragazzo, ha un sacco di persone che stanno studiando con lui, che con lui imparano leggono analizzano ripassano si preparano ad affrontarti compatti. 
come nel migliore di tutti i romanzi di Luther Blisset.


Q, per la cronaca, è un tomo di circa 500 pagine, ambientato nell'europa del '500.
Luther Blisset, sempre per la cronaca, non esiste.
E' uno pseudonimo adottato da un numero imprecisato di performer, artisti, riviste underground, operatori del virtuale e collettivi di squatter americani ed europei degli anni '80 e '90. 
Si tratta di un personaggio collettivo, utilizzato per denunciare la superficialità e malafede del sistema mass-mediatico. 
La sua notorietà è da atribuirsi ad azioni, sabotaggi, performance, manifestazioni, pubblicazioni, video, trasmissioni radiofoniche di e su Luther Blisset, in tutto il mondo.
In Italia, il nome ha firmato una serie di beffe ordite a danno dei mass media, come critica radicale al diritto d'autore e alla proprietà intellettuale.

lunedì 27 febbraio 2012

cronache dal Portofranco - cioccolato e leggings

sto per uscire dalla stanza quando una delle tre porte dei bagni si apre piano.

io in quei bagni ci entro sempre un po' goduta. frequentati da centinaia di ragazzini in età da ormoni impazziti, sono profumati, i pavimenti chiari sono sempre lindi, la carta igienica sempre al suo posto, mai sparpagliata in coriandoli in giro. io in quei bagni ci entro almeno due volte ogni pomeriggio. quando arrivo, trafelata dal freddo e prima di andarmene, prima della pedalata fino a casa. e ogni volta mi stupisco. ma stavolta, un po' di più.

la porta si apre e spunta una timida selva di neri lunghi ricci riccissimi africani. in mezzo, una faccina color cioccolato in questi capelli con la riga in mezzo che sembrano aprirsi come due ali di airone. mi cerca con lo sguardo e mi trova, mano sulla porta per uscire. mi guarda timida. mi fermo sui miei passi e le chiedo
"hai bisogno di qualcosa?"
"sì prof..." la porta si apre del tutto e ne esce questa farfalletta magra, un corpo da ballerina, una bamboletta lunga lunga e smilza, due braccine sottili e un collo da nera che solo certe africane ce l'hanno così bello. la bimba donna farfalla ha addosso un paio di leggings neri, e sotto un paio di ciclista. lo so, perché esce dal bagno mi si para davanti si cala i leggings fino al ginocchio scopre i ciclista mi guarda e mi chiede:

"prof....se li tengo su, si vedono i ciclista sotto?"
"mettiti alla luce....no, non si vedono. stai tranquilla"

conversazione come iniziata anni prima, mai interrotta, come se incrociandoci per l'ennesima volta davanti al bagno di casa nostra mi chiedesse la solita cosa prima di uscire. lei la ragazzina color cioccolato e io, in quel piccolo, infinitesimamente minuscolo attimo, mamma, sorella, amica.

un attimo e la porta si chiude. lei sparisce dietro ai suoi riccioli io esco nel corridoio di facce bianche nere gialle alte grasse magre. si torna al lavoro. si torna a studiare.
sorrido e non so neanche io di farlo.


mercoledì 22 febbraio 2012

cronache dal Portofranco - una questione di fiducia

non sorrideva. restava lì serio serio con lo sguardo sfuggente gli occhi piantati sul libro come se il libro contenesse tutte le risposte del mondo. aiutarlo a studiare non sarà facile è impermeabile come una parete di ghiaccio scivoli non hai appigli per aggrapparti per appoggiare un dito per piantare un chiodo un rampone e cercare di salire al primo piano della fortezza della sua fiducia. cerco di sentirmi a mio agio perché il suo di disagio è fin troppo evidente. respiro. calma. la voce. il tono. i muscoli. la mano la sua allenta la morsa scivola sul banco le dita si distendono. esercizi verbi verbi irregolari passato perfetto regole regole regole. incerto. non sorride. incerto. risponde. incerto. sbaglia. incerto. la risposta giusta. il ritmo della sua fatica aumenta di poco. ne approfitto per piazzargli lì un perfetto. come se la sua risposta non potesse che essere perfetta. fiducia.
l'ora è finita, là fuori c'è una ragazza color cioccolato che aspetta di entrare. va. ok prof. ciao. 
 
PS quel ragazzino ha chiesto di continuare il suo doposcuola con me. mi aprirà anche al suo sorriso?

 
 
«Sorrise come soltanto i veri timidi sanno sorridere. Non era la risata facile dell’ottimista né il rapido sorriso tagliente dei testardi ostinati e dei malvagi. Non aveva niente a che fare col sorriso equilibrato, usato di proposito, del cortigiano o del politicante. Era il sorriso strano, inconsueto, che sorge dall’abisso profondo, buio, più profondo di un pozzo, profondo come una miniera profonda, che è dentro di loro».

Ernest Hemingway - Di là dal fiume e tra gli alberi

mercoledì 15 febbraio 2012

saper vedere


 
qualche giorno fa guardavo questa fotuzza...mi ero trovata davanti sta tipa che aveva una chioma sansonica assurda e crudele (era agosto). non so bene perché (sì che lo so) ma ho cominciato a seguirla perdendomi allegramente nel mio film di lei che si fa la doccia otto ore prima di uscire di lei che va al mare con due materassini uno per lei uno per i capelli di lei che sale sul tram e si impiglia nell'obliteratrice....

insomma, per farla breve, riguardavo la foto e come spesso accade quando riguardi una foto, mi accorsi di un nuovo dettaglio. il tipo sulla sinistra, quello col carrello. Lui, non vede lo strascico di capelli non guarda da quella parte. no. lui guarda il dito, mentre la luna ce l'ha sulla spalla. lui guarda una che fa foto a non si sa bene cosa in uno stupido centro commerciale.

ecco, credo che il punto sia tutto qui.

come dicevo ad alcuni amici qualche giorno fa, per scrivere bisogna per forza avere qualcosa da raccontare. 
e per avere qualcosa da raccontare, bisogna per forza saper vedere.

non ci sono santi: è tutto nello spirito di osservazione.


"Quando tra le undici e mezzanotte, incontravo un operaio che tornava colla moglie dall’Ambigu-Comique, mi divertivo a seguirli dal corso del Ponte dei Cavoli fino al corso Beaumarchais. Parlavano della commedia che avevano vista; da un discorso all’altro, arrivavano alle loro faccende; la madre tirava per mano il figlio, senza dar retta ai suoi lamenti e alle sue domande; contavano il denaro che dovevano riscuotere il giorno dopo, lo spendevano in venti modi differenti. Ed erano allora particolari di vita domestica, lamentele sul prezzo troppo alto delle patate, o sulla lunghezza dell’inverno e il rincaro delle formelle, rimproveri energici sul debito col fornaio; e poi discussioni che via via si inasprivano, e in cui ciascuno rivelava con espressioni pittoresche il suo carattere. Ascoltandoli, aderivo alla loro vita, mi sentivo quasi addosso i loro cenci, e camminavo coi piedi nelle loro scarpe rotte; i loro desideri, i loro bisogni, tutto passava in me, e io in loro. Un sogno ad occhi aperti. Me la prendevo anch’io coi capi-officina tirannici, e coi cattivi clienti che li facevano andare e venire senza pagarli. Dimenticare le mie abitudini, diventare per mezzo delle facoltà morali un altro personaggio, e poter ripetere il gioco a volontà, era la mia distrazione."

Facino Cane -  Honoré de Balzac

domenica 12 febbraio 2012

non voglio

elephanta island - mumbai, india


"non voglio che mi guardi
non voglio che mi fotografi tu e quella cazzo di macchina fotografica che vale quanto la vita dei miei figli in questo posto di merda dove vivo non voglio che scruti nelle pieghe del mio sguardo nel dolore delle mie lacrime nei segreti dei miei sorrisi non voglio che tu entri e che sia ancora una volta come sempre come da sempre padrone della mia vita non voglio essere schiavo delle tue manipolazioni delle proiezioni su un video in un fottuto salotto di una fottuta città del fottutissimo emisfero nord non voglio che mi usi che mi abusi che mi porti via, lasciandomi qui per sempre"


parlo a te, sì a te, grandissima testa di cazzo che in senegal gli dicono no, qui non si possono fare foto, qui la gente ha la dignità della propria miseria, rispettiamola e a te ti si accende una luce negli occhi che tu sei più furbo di tutti che a casa venderai quella foto agli amici con la tronfia di chi è più furbo più figo e con la boria dell'ignoranza giocherai all'allegro reporter e così impugni la macchina fotografica non ci pensi per un attimo e scatti la foto a quegli sguardi che vorrebbero divorarti. 

non te ne sei accorto, ma io sì.

ti hanno appena sputato su un piede.


sabato 11 febbraio 2012

diversi

AIRONI - Varkala, Kerala, India 




"qual è il viaggio più bello che hai fatto?"
"quello in cui ho scoperto che ero io quello diverso"