giovedì 4 ottobre 2012

missione kinshasa - ago e filo

dunque è successo così. secondo giorno al Point D’Eau, varchi la soglia ed è già tutto un coro di Elisabé (che chissà perché il TTA non gli viene proprio) e Sesilià. davanti i grandi che ti danno il cinque dietro i timidi che ti sorridono (ma se tu sorridi a loro si nascondono vergognosi) e in mezzo a tuti i piccoletti, nanerottoli color cioccolato con occhioni grandi come laghi.

arrivi saluti il personale prendi la tua dose di abbracci di bambini posi lo zaino nel locale insegnanti esci e…ti ritrovi con ago e filo in mano.

“mama, mama” “elisabè, elisabè” davanti a me un piccoletto di 10 anni (ma forse sono 12 e lui è parecchio malnutrito) con i pantaloni in mano completamente scuciti al cavallo. praticamente è rimasta insieme solo la cintura.

da quel momento in  poi le cose funzionano così: tu sei seduta, non importa se per terra su un gradino, o sulle panche nel cortile. il propritario del cencio che stai riparando si siede di fianco a te e segue attentamente ogni tuo movimento. aspetta, ci volessero anche sei anni io da qui senza il mio cencio non mi muovo. poi ne arriva un secondo, per chiacchierare. poi un terzo e ti chiede se hai figli. col quarto inizi a canticchiare qualcosa, io di solito vado di de andrè o led zeepelin (l’inizio di stairway to heraven piace molto ai piccolini). poi arriva un quinto con una camicia stracciata. e un sesto con le mutande a pezzi e il sedere fuori.

le ragazze sono meno straccione. però in testa oggi si sono spalmate una specie di crema depilatoria. per tenere a bada i capelli, dicono. sarà.

durante il giorno ci sono quelli che stanno fissi qui e hanno i loro ritmi. la partita a biglie, la lezione di alfabetizzazione, la colazione, la rissa. solite cose insomma. poi ogni tanto entra uno grande, faccia da delinquete e camminata da boss. si stabiliscono subito le gerarchie. ma a capo di tutta la gerarchia devi esserci tu, educatore, responsabile, moniteur o semplice volontario. siamo noi, a dover rappresentare la legge qui dentro. chiunque tu sia là fuori.

certo il rischio di prendersi un cazzotto potrebbe esserci. ma non credo che sia mai avvenuto, se non per sbaglio. anche nei momenti di massima tensione, il tuo intervento non sembra ritorcersi contro di te. alzi la voce, urli, poi metti una mano sulle spalle allontani dividi e alla fine parli spieghi chiedi e i toni si smorzano e la voce si abbassa e gli sguardi perdono quella piega dura di prima.

da lì al rispetto, il passo forse non è più così lontano.

4 commenti:

katia ha detto...

ti leggo rapita, sei una vera reporter e molto di più! Un abbraccio, katia

biggì ha detto...

grazie katia!.....

Anonimo ha detto...

Trova il tempo....bacio

Anonimo ha detto...

Grazie dal più profondo del cuore